PROCESSO TRIBUTARIO - CORTE COSTITUZIONALE: DEFINITI I CONTORNI SULLA GIURISDIZIONE DELLE CONTROVERSIE SUGLI ATTI DELL’ESECUZIONE FORZATA TRIBUTARIA
Avv. Paolo Casati - La sentenza della Corte Costituzionale n. 114/2018, depositata il 31/05/2018, si aggiunge a una serie di sentenze della Corte di legittimità volte a delineare i confini della giurisdizione tributaria e della giurisdizione ordinaria in materia di esecuzione forzata tributaria.
I principi che attengono alla giurisdizione sull’esecuzione forzata tributaria sono indicati essenzialmente nell’art. 2 DLgs. 546/1992 nella parte in cui esclude la giurisdizione tributaria nelle controversie che riguardano “… gli atti della esecuzione forzata tributaria successivi alla notifica della cartella di pagamento e, ove previsto, dell’avviso di cui all’art. 50 DPR 602/1973 …”, nell’art. 19 DLgs. 546/1992 secondo cui nel novero degli atti impugnabili avanti al giudice tributario si contano “… d) il ruolo e la cartella di pagamento; l’avviso di mora; … solo per vizi propri … ”, nell’art. 57 c. 1 let. a) e let. b) in cui, alla lettera a), viene consentita l’opposizione all’esecuzione di cui all’art. 615 c.p.c. solo per questioni attinenti alla pignorabilità dei beni, e, alla lettera b), in cui viene consentita l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. nelle ipotesi diverse dai vizi sulla regolarità formale o dai vizi sulla notificazione del titolo esecutivo.
Le indicate norme esprimono un momento fondamentale ai fini della competenza del giudice tributario ossia la notificazione, della cartella di pagamento o dell’intimazione di pagamento ex art. 50 DPR 602/1973, e un presupposto necessario come il tipo di atto impugnato, ossia la cartella di pagamento o l’intimazione di pagamento ex art. 50 del DPR 602/73 (chiamato anche avviso di mora - art. 19 Dlgs 546/92 -).
La giurisprudenza di legittimità interviene a più riprese, da ultimo, la sentenza delle Sezioni Unite n. 13913 del 05/06/2017 secondo la quale la competenza del giudice tributario deve estendersi agli atti dell’esecuzione forzata successivi alla notifica della cartella di pagamento o successivi alla notifica dell’intimazione ex art. 50 DPR 602/73 (perciò estesa al pignoramento) quando, ben inteso, la contestazione mossa dall’attore riguardi la notificazione della cartella di pagamento o dell’intimazione.
L’art. 57 c. 1 let. a) DPR 602/1973 prevedeva un limite alla tutela giurisdizionale ordinaria, infatti erano ammesse le opposizioni ex art. 615 c.p.c. unicamente sulla pignorabilità dei beni, sancendo in questo modo un vuoto di tutela su cui è intervenuta proprio la Corte Costituzionale con la sentenza n. 114/2018 in commento.
La sentenza n. 114/2018 delinea i confini della giurisdizione. Conferma la legittimità costituzionale dell’art. 57 c. 1 let. b) DPR 602/73 secondo cui tutti i motivi di opposizione agli atti esecutivi (ex art. 617 c.p.c.) che attengono alla notifica della cartella di pagamento e dell’intimazione, nonché ai vizi formali di questi atti, sono devoluti alla competenza del giudice tributario. Restano di competenza del giudice dell’esecuzione tutti gli altri motivi che riguardano i vizi formali degli atti emersi successivamente alla notificazione della cartella o dell’intimazione.
La Consulta censura invece l’art. 57 c. 1 let. a) DPR 602/73, in questo modo apre alla giurisdizione del giudice dell’esecuzione tutti i motivi di opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c. con una importante differenza: le cause estintive o modificative della pretesa tributaria che sono sorte prima, oppure in costanza, della notifica della cartella di pagamento o dell’avviso di intimazione ex art. 50 DPR 602/1973 sono sindacabili avanti al giudice tributario entro il termine perentorio di 60 giorni dalla notifica; le cause estintive o modificative sorte dopo il termine indicato sono devolute alla competenza del giudice dell’esecuzione.
La sentenza n. 114 del 31/05/2018, in esame, pone finalmente rimedio a una irragionevole limitazione della tutela giurisdizionale nei casi di esecuzione forzata del Fisco. Infatti, l’art. 57 c. 1 let. a) DPR 602/1973 prevedeva l’opposizione all’esecuzione solo per motivi attinenti alla pignorabilità dei beni. E’ chiara la carenza di garanzia del cittadino che non poteva vedere riconosciuti altri motivi di opposizione oltre a quelli limitatissimi sulla pignorabilità dei beni.
Infine, ove l’attore intraprenda un'azione rispetto alla quale il giudice dichiarasse il difetto di giurisdizione la legge prevede un termine di riassunzione ad hoc ai sensi dell’art. 59 L. 69/2009, rispetto al quale, però, restano ferme le eventuali preclusioni già maturate in relazione ai termini processuali nel passaggio da una giurisdizione all’altra.
(Il Caso.it, Sez. Giurisprudenza, 20425 - pubb. 06/09/2018, Filodiritto.com, pubblicato il 20.09.2018)